Nov 17, 2024

Matt Walsh e la libertà definita “egoismo”: come distinguere un conservatore da un libertario

Matt Walsh è un commentatore, regista e attore statunitense di area conservatrice. Autore di punta di Daily Wire (insieme all’altrettanto noto Ben Shapiro), Walsh ha un canale YouTube che ha superato i 3 milioni di iscritti; i suoi lavori più pregevoli sono tuttavia due film “alla Borat”, ossia What is a woman? e il più recente Am I racist? Come si può intuire dai titoli, si tratta di film in cui si prende di mira l’ideologia Woke nelle sue due istanze più note e radicali, quella di genere e quella razziale; godibilissimi entrambi, e soprattutto utili per capire se la tesi di Bill Maher ed altri – cioè che proprio il wokeism abbia allontanato l’elettore moderato americano dal Partito Democratico regalando la vittoria a Trump – possa essere fondata.

Proprio gli eccessi Woke sono riusciti nell’impresa di far passare uno come Walsh – un anti-abortista che sfoggia tatuato sul braccio destro il monogramma Chi-Ro – come un simpatico e ragionevole uomo medio di buon senso, paladino della libertà d’espressione e forse della libertà in generale.  Un po’ come Elon Musk, non a caso.
Quando affronta certe questioni, tuttavia, quest’aria da Troll arguto e sagace scompare, lasciando il posto al conservatore bigotto e nostalgico d’un mondo che, peraltro, non ha mai visto, essendo nato nel 1986.

Lo scorso 15 novembre, ad esempio, ha pubblicato un video in cui affronta il tema della denatalità.

Il titolo è già di suo molto esaustivo: come l’egoismo generazionale (della GenZ, n.d.r.) sta distruggendo il nostro futuro. La tesi è così riassumibile: il tasso di fertilità negli USA sta scendendo, è già al di sotto della soglia di sostituzione, e là fuori ci sono tanti genitori che non diventeranno mai nonni. E tutto ciò da cosa è causato? Dall’egoismo, signora mia. Walsh impiega gran parte del video a bollare di fatto come scuse le motivazioni addotte più spesso dalle giovani generazioni, in particolare la situazione economica. L’umanità – sostiene Walsh – i figli li ha sempre fatti, anche quando era molto più povera di oggi; anche lui, nei suoi vent’anni, ha dovuto affrontare la crisi del 2008. Idem per chi, da figlio primogenito, si è lamentato di aver dovuto crescere i fratellini e/o le sorelline al posto dei genitori, e non vuole far vivere ad altre creature la stessa esperienza. Tutte scuse, secondo il commentatore: si è sempre fatto così.
I giovani di oggi, insomma, non fanno figli perché, semplicemente, non vogliono. E questo, secondo Walsh, è egoismo allo stato brado: non ci pensano, questi giovinastri, al dispiacere che danno ai loro genitori, privandoli della possibilità di diventare nonni?

Tanta nostalgia degli anni ’50

In quel “si è sempre fatto così” è racchiuso un intero universo filosofico. Walsh non pare minimamente sfiorato dal dubbio che, in quel passato così idealizzato dai conservatori, una buona parte della popolazione – segnatamente quella femminile – facesse delle scelte tutt’altro che libere. Dubbio che è invece venuto a Eugenia Nicolosi, su Al Femminile:

Uno studio globale curato dalla banca di investimenti Morgan Stanley prevede che entro il 2030 il 45 per cento di tutte le donne del mondo sarà – felicemente – single e senza figli. Cosa sta guidando questa tendenza? Per cominciare, la possibilità di farlo: sempre più donne sono economicamente indipendenti e possono scegliere per sé. Il che ci impone di chiederci: fino a oggi i matrimoni e la maternità sono state davvero scelte libere?

L’articolo spiega che l’aumento dell’occupazione femminile ha dato un impulso decisivo all’emancipazione, e con essa è arrivato il rifiuto di tappe della vita che sembravano imprescindibili fino a poco tempo prima.

Un futuro artificiale?

Quando si tocca l’argomento natalità, c’è sempre un’obiezione che i conservatori tirano in ballo: la sopravvivenza della specie. La situazione attuale sarebbe senza precedenti storici: se è vero che nel XIV secolo la Peste Nera sterminò un buon 30% della popolazione europea, è anche vero che i superstiti erano pur sempre giovani, fertili e non distratti da TikTok, e ciò favorì le successive riprese demografiche. Oggi, al contrario, l’età media si sposta sempre più in là, e per invertire la rotta le coppie di futuri giovani dovrebbero mettersi a fare 3-4 figli a testa.
Ora, al di là del fatto che, su scala globale, il tasso di fertilità delle regioni Sub-Sahariane basterebbe da solo a scongiurare il rischio estinzione per svariati secoli, nella “peggiore” delle ipotesi resta pur sempre l’alternativa della tecnologia. Il cosiddetto utero artificiale è qualcosa che già oggi non è più fantascienza, e anzi potrebbe diventare realtà in un futuro non troppo lontano, ma che a molti – Walsh in primis – sicuramente apparirebbe distopico. Un mondo in cui quasi nessuno più si sposa o mette su famiglia, in cui gli umani fanno più sesso con robot dotati di intelligenza artificiale che con gli altri esseri umani, e in cui i bambini si “creano” in laboratorio dentro uteri altrettanto artificiali.
Se tutto ciò appare distopico, è solo perché non si riflette su quanto potrebbero esserlo assai di più le alternative: immancabilmente, queste implicherebbero una qualche forma di coercizione nel procreare. Qualcosa che suona familiare agli appassionati del genere.

Plasmare il futuro secondo i propri gusti: l’identità degli opposti estremismi

Ecco, sta tutta qui la differenza tra un libertario e un collettivista, quando si tratta di cercare soluzioni a problemi: il primo si preoccuperà di mantenere la massima libertà individuale possibile (idealmente di ampliarla), il secondo sarà ben disposto a sacrificarla pur di tratteggiare un mondo che sia di proprio gradimento.
Da questo punto di vista c’è assai poca differenza tra gli opposti estremismi. Gli ecologisti più radicali continueranno a sostenere che l’unico modo per fermare il cambiamento climatico sia l’abbandono dell’economia di mercato a favore della pianificazione economica, della riduzione dei consumi e della conversione (forzata) in massa al veganesimo; a nulla serve far loro presente che si potrebbe invece puntare molto di più sul nucleare e sulla cosiddetta “carne artificiale”. Perché il problema di fondo è che, a loro, queste soluzioni non piacciono, e il vero obiettivo è sempre stato il passaggio dall’economia di mercato al socialismo. Il cambiamento climatico è solo l’ultimo pretesto in ordine cronologico per giustificare questa richiesta.
Dall’altra parte, ai conservatori non piace un mondo in cui “troppe” persone sono single e senza figli, in cui la famiglia tradizionale non è più la norma, in cui le donne siano realmente libere e alla pari con gli uomini, e in cui chi ha preferenze sessuali minoritarie possa esprimerle liberamente. Il loro obiettivo è sempre stato quello di tornare agli anni ’50.
Entrambe le fazioni credono che il compito dello Stato – cioè dei politici che lo dirigono – sia quello di “plasmare” la società secondo ciò che i loro elettori ritengono giusto; paradosso dei paradossi, giustificano tutto ciò in nome del rispetto della volontà popolare.

Eppure, nulla è più conforme alla volontà popolare del lasciare gli individui liberi di fare ciò che vogliono, con l’ovvio vincolo di non intralciare la libertà altrui. La democrazia si realizza molto di più tra gli scaffali di un supermercato – dove ognuno mette nel carrello ciò che vuole – che alle urne, dove una parte della popolazione manda al governo qualcuno che imporrà a tutta la popolazione la volontà di una parte di essa.
Se davvero un domani i single saranno metà della popolazione mondiale, ciò non sarà altro che il risultato del mancato incontro tra la volontà di alcuni e quella di altri.

 

 

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