Ott 20, 2024

La vicenda albanese può essere la svolta per trasformare l’Italia nell’Ungheria

A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina

Difficile non pensare al celebre aforisma andreottiano, commentando ciò che sta accadendo in questi giorni in merito alla vicenda del CPR in Albania.

Difficile perché, per quanto si possano considerare mediocri e incompetenti i membri dell’attuale maggioranza, si fatica a credere che nessuno sappia che le leggi ordinarie italiane non possono essere in contrasto con norme di rango superiore, come quali sono quelle europee. Si chiama “gerarchia delle fonti del diritto”, ed è qualcosa che si insegna al primo anno delle scuole superiori (almeno in certi istituti). Lo scorso 4 ottobre c’era stata una sentenza della Corte di Giustizia europea che aveva stabilito che un Paese terzo, per essere considerato “sicuro”, debba esserlo su tutto il territorio, e non solo in parte di esso. Situazione che, sempre secondo la Corte, non si applica all’Egitto e al Bangladesh, Paesi da cui provenivano alcuni dei migranti portati in Albania e fatti rientrare in Italia. Da notare che anche il Ministero degli Esteri sembra d’accordo con questa tesi: basta consultare la relativa pagina web sul sito della Farnesina, alla voce “sicurezza”, per constatarlo.
Giusta o sbagliata che la si consideri, questa è stata la pronuncia della Corte, e il Tribunale di Roma non poteva sentenziare diversamente da come ha fatto. E che l’esito dell’intera vicenda potesse essere questo c’era chi l’aveva previsto 11 mesi fa.

Ad ogni modo, questa vicenda non resterà verosimilmente senza esiti. A leggere le dichiarazioni di vari Ministri, all’indomani della sentenza, appaiono anzi piuttosto chiare – ma ovviamente non all’italiano medio – la strategia e l’obiettivo finale.

La strategia è usare i telegiornali della Rai (che già da tempo non hanno nulla da invidiare a quelli ungheresi in quanto ad asservimento) per ripetere ossessivamente che il governo avrebbe anche delle idee geniali, ma purtroppo la magistratura anti-italiana manovrata dagli oppositori si diverte a mettere i bastoni fra le ruote. Un delirio ripetuto anche lo scorso 19 ottobre da Salvini, nell’edizione serotina del TG1, in una cosa che è stata definita “intervista” dalla conduttrice. Lo stesso Salvini ha anche aggiunto che, con questa sentenza, il Tribunale avrebbe stabilito che “non si può espellere nessuno”; naturalmente la suddetta conduttrice si è guardata bene dal fargli notare che l’Italia, esattamente come gli altri Paesi europei, di espulsioni ne esegue a migliaia ogni anno, e che la sentenza riguardava solo quelle 12 specifiche persone.

Quanto all’obiettivo, esso è ovviamente di “riformare” la magistratura per metterla definitivamente al guinzaglio dell’esecutivo (altrimenti esonda, come ha dichiarato il Ministro della Giustizia). Come è nell’Ungheria dell’amico Orban. Il tutto, beffardamente, tirando in ballo concetti assai alti: così Tajani ha pensato bene di citare la “tripartizione dei poteri” teorizzata da Montesquieu. Qualcuno dovrebbe gentilmente spiegargli che essa prevede proprio che i governi siano i primi a rispettare le leggi, e che la magistratura intervenga se alcune di esse sono incostituzionali o violano trattati internazionali che il Paese ha sottoscritto. Ma tra i banchi del governo pare vigere una concezione un po’ diversa del principio teorizzato da Montesquieu: l’idea è che la magistratura assecondi di fatto l’esecutivo, emettendo sentenze di destra quando è al governo la destra e di sinistra quando è al governo la sinistra. Roba da far rivoltare nella tomba metà del pantheon illuminista, oltre a far ridere chiunque abbia presente come funzioni un Paese civile. Ma è questo il vantaggio di governare un Paese come l’Italia: ci si può presentare sulla TV di Stato e pronunciare le castronerie più atroci in diretta nazionale, confidando che, tra il pubblico che ascolta, i più abbiano un livello d’istruzione assai basso e scarsa o nulla cognizione di ciò di cui si parla.

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